Mitologia romana
Saturno
Tra le divinità romane merita particolare menzione Saturno. Si dice che il suo culto fosse introdotto a Roma dal re Tito Tazio: ciò indicherebbe che si trattava di un culto già diffuso fra i sabini. Saturno è un dio della terra, e si dice che fosse lui l’iniziatore dell’agricoltura, e depositario dei segreti della terra. Secondo un’etimologia in effetti piuttosto discutibile, il suo nome riporterebbe alla radice săt- dell’aggettivo satur, «ricco, abbondante»¹. Sua consorte era la dea Opi, che sovrintendeva alla prosperità. Tradizionalmente egli è raffigurato con una falce in una mano, e un fascio di grano nell’altra. Benché un successivo sincretismo con la religione ellenica tenda a identificare Saturno con Crono, il carattere del dio italico è profondamente diverso: dio benevolo nei confronti dell’umanità, egli fu spodestato da Giove nel regno dei cieli ma, giunto in Italia con Opi e amichevolmente accolto da Giano, regnò a lungo insieme a lui e diede inizio alla cosiddetta età dell’oro. A Giano rivelò i segreti della
cura dei campi, e da quel momento iniziò un lungo periodo di felice prosperità: egli curava la semina, e Opi garantiva l’abbondanza dei raccolti. L’agricoltura dunque non comportava fatica né sudore, e l’umanità godeva di un’eterna primavera, vivendo grazie ai generosi doni della terra. Tutto ciò ebbe fine quando sugli uomini si estese il potere di Giove, meno ben disposto verso i mortali: fu allora che l’età dell’oro ebbe fine e per l’umanità la cura della terra divenne un duro lavoro.
A Saturno veniva dedicata una festa importantissima, i Saturnalia, che in origine si tenevano il 17 dicembre, ma in età imperiale giunsero a durare un’intera settimana. In occasione di queste feste i rigidi ruoli tradizionali venivano capovolti e, tra le altre cose, i padroni servivano gli schiavi e vestivano abiti schiavili. Tutte le attività venivano sospese, e nessuna guerra poteva essere dichiarata.
Si sa di Saturno che con Opi generò il dio Pico, che fu il primo a regnare sul Lazio e sposò la linfa Canente.
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L’ipotesi è suggestiva ma linguisticamente inaccettabile, data la differente quantità della vocale -a- in Sāturnus e in sătur.