Mitologia ebraica
Il diluvio universale



Conseguentemente ai peccati compiuti dagli angeli, che avevano avvelenato il mondo, Dio decise di purificare il pianeta con l’acqua. Avvertí dunque Noè che avrebbe mandato il diluvio, e Noè si prodigò a mettere in guardia tutti gli uomini. La gente tuttavia non gli prestava ascolto e lo irrideva, nella sicurezza che un diluvio non sarebbe poi stato un gran problema di cui occuparsi.
Dio suggerí a Noè di costruire un’arca con legno di cedro, e di renderla impermeabile con strati di pece; avrebbe dovuto accogliere una grande moltitudine di esseri viventi, quindi le sue dimensioni avrebbero dovuto essere considerevoli: infatti nell’arca avrebbero trovato posto Noè e tutta la sua famiglia, e sette esemplari di tutti gli animali e di tutti gli uccelli puri; e ancora, una coppia per ogni specie di animali impuri e di esseri striscianti. E non bastasse ciò, naturalmente l’arca avrebbe dovuto pure contenere il cibo per sfamare questa moltitudine. Per costruire l’arca, ci vollero cinquantadue anni. Fu un’opera di ingegneria straordinaria, e il progetto lo curò Dio stesso.
Venne poi il momento di ospitare sull’arca tutti gli animali. Noè si sentiva scoraggiato, ma in suo aiuto giunsero dal cielo degli angeli, che indussero gli animali a riparare nell’imbarcazione. Insieme alle stirpi degli animali, entrarono nell’arca anche alcuni spiriti erranti; ma non vi era posto per i reem e per il gigante Og. Queste gigantesche creature furono costrette a rimanere al di fuori dell’arca, ma Noè suggerí loro di tenersi aggrappati a delle corde o alla poppa stessa per non annegare; cosí anche queste creature trovarono la salvezza.
Infine il diluvio ebbe inizio. In verità Dio aprí le cateratte del cielo e permise che le acque di Tehom riemergessero dalle viscere della Terra dove erano confinate fin dal giorno della creazione. Cosí le acque che da sempre erano state divise si sarebbero riunite, completando l’opera di distruzione. Le acque celesti precipitarono, e le acque dell’abisso eruppero, e fu allora, mentre ancora Noè si attardava incredulo, che una gran quantità di uomini, circa settecentomila, si precipitarono verso l’arca, supplicando di essere accolti. Noè negò loro l’accesso e quelli, in preda alla rabbia, tentarono di rovesciare l’arca. Ma in quel momento giunse una moltitudine di orsi, leoni e lupi, anch’essi mossi dal disperato tentativo di trovare riparo, e si gettarono sugli uomini, sbranandoli.
Le acque di Tehom intanto salivano a gran velocità, scatenando tutta la furia distruttrice che da sempre era stata repressa. Noè salí sull’arca, e presto questa cominciò a essere sballottata. Le acque ribollivano, e la pioggia infuriava sul mondo. I peccatori affogavano, e quelli che cercavano di nuotare venivano attaccati da uccelli impazziti che strappavano loro gli occhi. Si dice anche che Dio riscaldò le acque con le fiamme dell’inferno, rendendo impossibile agli uomini trovare salvezza.
La navigazione durò circa un anno. Quando infine Noè riuscí a sbarcare, innalzò un altare a Dio; fece bruciare dell’incenso, e questo commosse il Signore, che si ripromise di non distruggere mai piú il genere umano; e fece comparire nel cielo l’arcobaleno, per suggellare la sua promessa.

23 novembre 2011


Questo testo è proprietà intellettuale dell’autore, Ferruccio Sardu. La sua riproposizione, anche parziale, implica la citazione della fonte.


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